I familiari di Lucia
Si sa che era di nobile casato e che il padre morì quando Lucia era ancora piccola. Da allora madre e figlia vissero l'una per l'altra.
Possiamo immaginare Lucia trascorrere la sua infanzia sotto lo sguardo e le cure affettuose della madre Eutichia che si rallegrava di tanta
leggiadra giovinetta, speranza del nobile casato. Lucia non amava la vita oziosa e spensierata che conducevano i giovani dell'ambiente ricco e patrizio.
Educata alla rettitudine, alla pietà e alla carità, Lucia si apriva dolcemente alla luce suprema del Vangelo e nel suo cuore si faceva strada un desiderio
sempre più intenso e prepotente: quello di somigliare sempre più alla Vergine Maria promettendo solennemente, nel segreto del suo cuore, di consacrarsi
interamente al suo celeste Sposo. L'elogio dei figli, specialmente delle figlie, va alla madre, sentenziò una volta il Cantù e non avrebbe potuto pronunciare
una verità più vera perché la madre è veramente la maggiore ispiratrice di tutto il bene che, specialmente una figliola, può riuscire ad operare e, a sua volta,
suscitare quando, anche lei sarà diventata madre.
Eutichia oltre al vanto di avere generato quel frutto, ha avuto il merito di farlo maturare in modo tale che
anche oggi tante madri potrebbero guardare orgogliose a quella figlia e tante figlie benedire e ammirare quella madre.
In pellegrinaggio al sepolcro di S. Agata
La storia della Chiesa di quel tempo, è tutto un cielo ingemmato di stelle luminose rappresentato dallo sterminato esercito di martiri che da Cristo hanno ottenuto la palma
del martirio nelle persecuzioni contro il cristianesimo. Fra queste stelle, certamente una guidava ed illuminava Lucia: Agata, astro della chiesa di Catania, morta martire
durante le persecuzioni di Decio Imperatore il 5 febbraio dell'anno 251. Sant'Agata. bella e ricca fanciulla, fu sottoposta ad indicibili torture per non sottostare ai desideri
di Quinziano, prefetto della Sicilia, per cui moriva nelle carceri. In seguito, sul luogo del suo martirio fu eretto un tempio che oggi porta il nome di Sant'Agata Vetere.
La fama della gloriosa Sant'Agata si sparse per tutta la provincia (allora la Provincia comprendeva tutta la Sicilia) a causa dei miracoli da lei operati ed era motivo di culto
anche per i cittadini siracusani che si recavano in pellegrinaggio al sepolcro della martire catanese per pregare. Fu così che Lucia, preoccupata per la salute della mamma che da
qualche tempo soffriva di flussi di sangue senza alcuna speranza di guarigione, intraprese un pellegrinaggio nella non lontana Catania per pregare sulla tomba di Sant'Agata e
ottenerne la grazia di una pronta guarigione.
Lucia prega S. Agata
A Catania, Lucia e la madre giunsero probabilmente il 5 febbraio 301, giorno della festa della Santa. Quale soddisfazione per la giovane Lucia nel poter avere la gioia di pregare
l'invitta martire nel tempio a lei dedicato, nella speranza che la mamma guarisse dal suo male e riprendesse piena salute.
Per sé supplicò la grazia di dedicare la vita a Dio, nella speranza che la madre rinunziasse al desiderio di darla in sposa ad un giovane che si era innamorato di lei. Intanto nel tempio,
durante la sacra funzione, si diede lettura del passo del Vangelo di Matteo riguardante l'avvenuta guarigione di una povera donna, l'emorroissa, conseguita al semplice tocco del lembo della
veste del Signore. All'udire quell'episodio evangelico, Lucia, rivolta alla madre, disse: "La martire Agata, serva del signore, ha presso di Lui libero accesso e sarai guarita per sua
intercessione se toccherai fiduciosa il sepolcro di lei".
L'apparizione di S. Agata
Terminata la funzione religiosa, si avvicinarono al sepolcro e si prostrarono pregando a lungo. L'anima di Lucia si dischiuse tutta in fervida preghiera e, come rapita in estasi,
fu presa da un sonno soave. Le apparve Sant'Agata glorificata tra due angeli, nell'atto di rivolgerle la parola e di dirle: "Lucia, sorella mia, perché chiedi a me quel che tu sei
in grado di ottenere per altri? Ecco, tua madre sarà sana per la tua fede. E come per mezzo mio viene beatificata la città di Catania, così per mezzo tuo sarà salvata la città di Siracusa".
Lucia svegliatasi da così radiosa visione disse alla madre: "Madre, la nostra preghiera, per intercessione di Sant'Agata, è stata esaudita. Per grazia di Cristo, ecco tu sei guarita".
Rivelazione alla madre
La fanciulla sentì in cuor suo che quello era il momento di rivelare alla madre la sua segreta decisione di consacrarsi a Dio rinunciando ad uno sposo terreno. Il suo sposo era e sarebbe
stato Gesù, per sempre. Eutichia, che sentiva ritornare le forze, col cuore colmo d'amore e di riconoscenza capì che le opere buone erano la prova più eloquente della gratitudine verso Dio
e convenne che la ricca dote di Lucia fosse donata ai poveri. Comprese così che la volontà di Lucia era un atto d'amore definitivo verso Dio.
L'arresto di Lucia
Ritornate a Siracusa, Eutichia risanata nel corpo e con l'anima piena di gioconda e spirituale letizia, in armonia col desiderio di Lucia,
cominciò a vendere ogni cosa, distribuendo il ricavato ai poveri. Tutto ciò non passò inosservato a quel giovane che ambi-va alla mano di Lucia.
Questi capì che la fanciulla doveva professare la fede cristiana e che difficilmente avrebbe sposato un pagano come lui. Resosi conto che Lucia
non avrebbe mai rinunciato a Cristo e, deluso per il mancato matrimonio, non esitò a denunziarla all'arconte Pascasio, accusandola di prestare culto
a Cristo e disobbedire così alle norme dell'editto di Diocleziano. Lucia fu così arrestata e condotta dinanzi alla massima autorità.
Obbedisco alla legge del mio Dio
La fanciulla tranquilla e serena, nella certezza che Cristo le avrebbe dato la forza di sopportare qualunque pena, anche il martirio se fosse stato
necessario, confermò davanti a Pascasio apertamente il suo credo e i suoi sentimenti e con forza ed energia si rifiutò di sacrificare agli dei:
"Io obbedisco alla legge del mio Dio, come te a quelle dei Cesari - fu la risposta di Lucia - tu porti rispetto ai tuoi Superiori. io rendo omaggio
al mio Signore; se tu non Vuoi offendere i Cesari, vorrò forse io offendere Iddio? Tu ti studi di piacere agli imperatori, io voglio piacere solo a
Dio; ... fa dunque quello che credi sia giusto per te, io opero secondo l'animo mio e secondo i miei princìpi".
Le minacce di Pascasio
Pascasio, sentito che Lucia magnificava la religione di Cristo, la minacciò di sevizie e di tormenti, ma la fanciulla anziché impaurirsi sembrò
animarsi sempre più confidando nella promessa del Signore che aveva assicurato l'assistenza dello Spirito Santo ai suoi seguaci trascinati sulla via
del martirio. Pascasio le domandò: "Dentro di te c'è dunque lo Spirito di Dio?" e Lucia rispose con le parole di San Paolo: "Coloro che vivono castamente
e piamente sono tempio di Dio; lo Spirito Santo abita in essi". Queste parole Pascasio non poteva capirle quindi con rabbia crescente la minacciò:
"Troverò bene il modo di cacciare da te questo Spirito che tu proclami Santo. Ah, tu vuoi dunque restare fedele sposa del tuo Dio? Ebbene, ti costringerò
a subire violenze inaudite. Vedrai come fuggirà da te questo Spirito Santo, se è vero che lo porti nel cuore".
Il prodigioso intervento
Detto ciò comandò che la fanciulla fosse portata là dove avrebbe subito violenza la sua verginità: molti soldati le furono addosso spingendola
brutalmente, ma per quanto si adoperassero, i loro sforzi erano inutili. La legarono con delle funi alle mani e ai piedi e tutti insieme presero a
tirare inutilmente; provarono allora a trascinarla con un paio di buoi ma la fragile fanciulla restava immobile come una roccia. Il prodigioso
intervento divino aveva reso Lucia così immobile che nessuna forza umana riusciva a smuoverla dal luogo dove si trovava.
Queste fiamme non possono bruciarmi
Allora Pascasio, inferocito per quanto succedeva, ordinò che il suo corpo fosse cosparso di pece, resina e olio e che si accendesse un gran fuoco.
Ma le fiamme si ritraevano senza sfiorare il corpo della fanciulla. "Queste fiamme non possono bruciarmi, Pascasio, perché i credenti devono
conoscere la forza dimostrativa del martirio e perché i non credenti devono essere confusi e molti di loro, abbandonato l'orgoglio, possano credere
e umiliarsi dinanzi al Signore". Pascasio non credendo ai propri occhi domandò: "Come e perché, fragile come sei, neppure mille ti hanno potuto
smuovere?". Lucia rispose: "Cadranno mille alla tua destra e diecimila alla tua sinistra, ma nessuno potrà accostarsi a te".
La corona del martirio
Il grande momento era vicino; Lucia stava per conquistare la corona del martirio e per congiungersi al suo Creatore, suo celeste Sposo.
Con gli occhi e l'anima fissi in cielo immaginava di vedere Sant'Agata, vicina a lei, sorridente, che la invitava. Lucia disse ancora: "E giunta
la mia ora. Colpisci, Pascasio. e io morrò. Ma ti annunzio che la pace sarà restituita alla Chiesa di Dio. Diocleziano e Massimiano passeranno,
e il Cristianesimo continuerà a diffondersi". Lucia cadde in ginocchio come in atto di preghiera e la violenta spada penetrò in quelle teneri carni
recidendo il capo. Era il 13 dicembre 304: Lucia, chiusa la sua giovane vita terrena, rinasceva nella gloria.
Santa Lucia tra venerazione, grazia e martirio
La narrazione del martirio di S. Lucia ci è pervenuta in una duplice relazione: quella degli Atti Greci e quella degli Atti Latini. A giudizio degli
studiosi, i più attendibili sono gli Atti Greci, che vanno sotto il nome di Codice Papadopoulo.
Il codice racconta che Lucia giunse in visita al tempio della martire S. Agata per pregare insieme alla madre di nome Eutichia la quale era afflitta da
una dura malattia. Mentre pregavano davanti al sepolcro della martire, Lucia fu presa da un sonno profondo e vide S. Agata, tra schiere di angeli, che le
confidò che ormai la madre era completamente guarita dal suo male. Non appena Lucia rinvenne dal sonno, disse alla madre, con grande emozione, che ormai
avrebbe voluto andare in sposa non ad un uomo mortale bensì ad un Uomo Immortale. La madre, ormai guarita, certo non poteva credere alle parole della figlia
ma alla fine accondiscese alla sua volontà.
Quando Lucia tornò a Siracusa subito iniziò a distribuire le sue sostanze ai poveri e, non appena il suo sposo venne a conoscenza della decisione presa, la
denunciò all'arconte Pascasio. Allora Pascasio si premurò di condurre Lucia davanti al tribunale, le ordinò di sacrificare agli dei ma a nulla valsero i suoi
rimproveri. Quindi furioso, ordinò ai lenoni di prenderla affinché morisse nel disonore. Un gran numero di soldati la sottoposero a prove terribili.
Tentando di spingerla violentemente verso un luogo infame, Lucia rimase immobile perciò Pascasio comandò che la cospargessero di urina; allora aggiogati i
buoi, tentarono di trascinarla, ma neanche ricorrendo a ciò riuscirono a smuovere la Vergine di Cristo, che lo Spirito Santo manteneva immobile.
Pascasio, furibondo, ordinò che si accendesse del fuoco attorno a lei e che vi si gettassero pece, resina, olio e fascine, affinché fosse presto consumata
la Vergine che li confondeva. Vedendo che neppure questa pena riuscì a smuovere Lucia dai suoi propositi, Pascasio la condannò al martirio per decapitazione.
Nel luogo in cui la Santa depose il suo Spirito, i suoi concittadini edificarono a lei un tempio, nel quale i fedeli accorrono in preghiera.
Il Codice Papadopulo
Il Codice, che fu denominato "Papadopulo" e pubblicato, oltre che dal Gaetani anche dal Can. G. Di Giovanni, concorda con le memorie su S. Lucia
lasciateci sia da S. Gregorio Magno nel "Sacramentario" nell'Antifonario", sia da S. Adelmo nel suo poema "De laudibus virginum". Degno di nota
è che il codice nel descrivere il supplizio di S. Lucia, a differenza degli Atti latini che parlano di rescissione della giugulare, riporta:
"dette queste cose, le recisero il capo". La decapitazione, riservata ai condannati di nobile stirpe, narrata dal Papadopulo è confermata dal fatto
che il corpo di S. Lucia presenta il capo separato dal busto: un particolare questo che depone a favore della maggior attendibilità storica degli
Atti greci rispetto ai latini.
Mons. Lancia di Brolo nella sua "Storia della Chiesa in Sicilia" afferma che il Codice Papadopulo contiene gli Atti di S. Lucia senza errori ed
incoerenze e presenta l'interrogatorio del Preside e le risposte delle Santa in tutta la loro semplicità e sublime bellezza, conformi a tutto quanto
gli antichi Padri ricordano di S. Lucia; sicché si può ritenere siano stati composti sopra gli atti proconsolari subito dopo il martirio e sulle
deposizioni delle persone che ne furono testimoni. "A mio parere" afferma il Lancia di Brolo "gli Atti di S. Lucia sono uno dei più bei testimoni
della nostra storia".
Il simulacro argenteo
Il periodo a cavallo tra i secc. XVI e XVII esprime grandi contraddizioni: se da un lato Siracusa viveva attanagliata da una forte crisi economica,
dall'altro non perdeva l'occasione di gareggiare in magnificenza con altre città dell'isola. Si ingaggiava così la competizione con Palermo e Messina
che, proprio in quegli anni, avevano commissionato opere in argento. Il soggetto prescelto non poteva che essere Lucia, la Santa Vergine siracusana.
La realizzazione dell'opera fu quindi affidata nel 1590 a Pietro Rizzo, argentiere palermitano della bottega di Nibilio Gagini. Sappiamo che nel 1600 la
statua era già finita: erano occorse 190 libbre d'argento (oltre 80 Kg) ed era costata l'ingente somma di 5.000 scudi. La Santa è raffigurata in
posizione eretta, con il braccio destro proteso in avanti e reggente un piatto con gli occhi, mentre la sinistra impugna una palma (simbolo del martirio).
La statua poggia su una cassa, anch' essa in argento, realizzata nei primi decenni del 1600. Essa è attribuita a Nibilio Gagini, non sulla base di
prove documentali, ma sia per le analogie stilistiche con l'Arca di S. Giacomo di Caltagirone che per la prova di alcuni lavori condotti insieme al
Rizzo ad Enna nel 1595. E' certo che ancora nel 1618 la cassa non era stata finita. Il grande ritardo per l' ultimazione dei lavori si può facilmente
far dipendere dalle difficoltà economiche incontrate dalla città per far fronte alle notevoli spese. Finalmente l'artistica composizione giunge a
Siracusa nel 1620 dove fu solennemente benedetta ed esposta ai fedeli.
La cassa è composta da sei pannelli che raffigurano vari episodi della vita e del martirio della Santa: S. Lucia che dispensa i suoi averi ai poveri,
l’interrogatorio davanti a Pascasio, il martirio del fuoco, l’immobilità della Santa legata ai buoi, la Comunione di S. Lucia e la sepoltura.
Il pannello frontale riproduce il quadro del Caravaggio "Il Seppellimento di S. Lucia", pur con una tecnica un po' grossolana ed introducendovi
lievi modifiche. Nel petto del simulacro è incastonata una teca che racchiude delle reliquie di S. Lucia, che il gesuita P. Bartolomeo Petracci
donò al Senato di Siracusa nel 1605.
"Accanto al simulacro esiste, seppure meno noto, un prezioso patrimonio che fa parte della storia del culto e di questo riflette alcuni momenti più
significativi” […]. Per quanto riguarda la catalogazione degli oggetti, che completano il simulacro argenteo, una prima catalogazione fu opera di
Giuseppe Agnello che in modo dettagliato ci rende partecipi dello slancio e dell’amore che i siracusani durante i secoli hanno dimostrato verso la
Santa Patrona. La corona, la tazza e il pugnale sono l’omaggio del popolo alla Santa che il 6 gennaio del 1784 liberò la città da un violento maremoto e dalla peste.
I tre pezzi sono in lamina sbalzata e cesellata e senza dubbio è nel pugnale che si riscontra maggiormente un gusto baroccheggiante. La corona presenta
otto cuspidi terminanti in forma lanceolata e in una delle quali è incastonata una sardonica con incisa una porta turrita, antico stemma della città.
La tazza con gli occhi realizzati in “coccumo” reca al centro una grande fiamma; di grande effetto è la catena in smalto che nel 1621 donò a S. Lucia
il Cav. Lucio Bonanno Gioeni mentre, il rosone polilobato che funge da fibula è il risultato di epoche diverse. In esso sono incastonati alcuni preziosi
ex voto che col tempo hanno trovato posto all’interno dei lobi i quali sono definiti da coppie di piccoli putti. […]La palma insieme al giglio, sorretta
dalla mano sinistra della statua, è frutto della fusione della precedente la quale comprendeva anche un mazzo di rose. Dalla fusione delle parti vennero
lavorate l’attuale palma e il giglio che oggi ammiriamo.
Nel 1768 il Senato, faceva dono a Santa Lucia di quattro vasi argentei con mazzetti di fiori e spighe indorate posizionati agli angoli della cassa.
Sul fronte della cassa, nella parte superiore spicca un trofeo argenteo eseguito da Vincenzo Catera nel 1850. Questo trofeo fu donato dal Luogotenente
Duca di Taormina e dalla guarnigione di Siracusa al cui comando presiedeva il Generale Pinedo, quale segno di affetto e riconoscenza verso la Santa. […]"
(da Sacro e Prezioso, il corredo del simulacro di S. Lucia a Siracusa, Dario Bottaro)
Le reliquie di Santa Lucia
Il generale bizantino Giorgio Maniace, entrato a Siracusa alla testa delle sue truppe nel 1038. Saputo il luogo di sepoltura del corpo di S. Lucia
pensò di trasportarlo a Costantinopoli per farne omaggio all'imperatrice Teodora. Con la caduta di Costantinopoli ad opera dei Crociati, nel 1204,
il Doge Enrico Dandolo fece traslare il corpo della Santa a Venezia dove attualmente è custodito nella Chiesa di S. Geremia.
Durante i secoli Siracusa è venuta in possesso solo di alcune reliquie. Il gesuita P. Bartolomeo Petracci donò al Senato di Siracusa la reliquia
consistente in tre frammenti di costole che ora è racchiusa in una teca d'oro posta nel petto del simulacro di S. Lucia.
Il servo di Dio P. Innocenzo Marcinò, guardiano e provinciale dei Cappuccini di Siracusa divenuto in seguito Ministro Generale dell'Ordine, riuscì
a procurare a Mons. Capobianco, Vescovo di Siracusa, due altre reliquie consistenti in due frammenti di un braccio. Queste reliquie sono racchiuse
in un pregevole reliquiario fatto eseguire dall'Arcivescovo Carabelli nel 1931 in occasione della seconda settimana per l’Oriente Cristiano.
Il reliquiario consta di due parti, una inferiore che funge da base con coppie di colonnine che incorniciano le immagini a smalto dei Santi Pietro,
Paolo, Matteo e Giovanni racchiuse in nicchie sormontate da archetti a sesto acuto, cui si frappongono decorazioni a rilievo a forma di vasetti.
La parte sommitale della base ha forma di cupola con segmenti decorativi incisi, al di sopra della quale è il nodo del reliquiario di forma vascolare
su cui sono adagiati due putti alati a tutto tondo, d’argento. La parte superiore si innesta al nodo e si presenta in modo più elaborato e ricca di
decorazioni. Nella teca dalla forma ovale sono collocati i frammenti ossei, circondati da una grande raggiera artisticamente lavorata a volute e raggi
ondulati. Intorno alla teca si ha una decorazione in oro con motivi floreali a i cui lati fanno capolino due testine alate di putti. In cima alla
raggiera spicca una statuetta argentea della Patrona con corona in testa e la torre nella mano destra, simbolo della città.
Nel Duomo di Siracusa sono esposti, in apposite teche, il velo, la veste e le scarpette che furono tolti al corpo di S. Lucia in occasione della
traslazione a Costantinopoli. Il velo, di seta finissima bianca, è listato da strisce color zafferano; la veste, a forma di tunica lunga e stretta
alle spalle e molto ampia in basso, è di seta finissima color porpora, arabescata con foglie e fiori del medesimo colore; le calzature sono di pelle
sottile, foderate di raso rosso e con stringhe di cuoio.
La reliquia dell’omero venne donata dal Cardinale Marco Cé all’Arcivescovo Mons. Lauricella il 13 dicembre 1988 e si può venerare entro una nicchia
al centro dell’altare della Cappella di S. Lucia in Cattedrale. E’ custodita all’interno di un’urna rettangolare d’argento e cristallo rivestita
all’interno di damasco rosso, con coperchio tronco piramidale e sulla cui sommità è collocata una statuina dell’Immacolata. L’urna poggia su quattro
piedi leonini con trafori argentei sui quattro lati in modo che sia visibile la reliquia. Decorazioni floreali si estendono lungo il perimetro
argenteo dell’urna e del coperchio mentre, agli angoli sono invece poste delle cariatidi nude che coprono seni e pube con le braccia. Sul coperchio
sono presenti anche piccole merlature argentee e decorazioni a sbalzo.
La festa del 13 Dicembre
Siracusa festeggia due volte l’anno la sua Patrona ma, senza dubbio la festa più sentita e commovente è quella del 13 dicembre, giorno del dies
natalis della Santa. Il clima di festa si respira già dal pomeriggio del 30 novembre quando la banda musicale gira festosa per le vie del centro
storico, Ortigia, annunziando l’inizio della Tredicina che si terrà in Cattedrale. Con il passare dei giorni l’attesa si fa sempre più carica di
emozione e il giorno 9 ha inizio il solenne triduo con l’esposizione del Simulacro argenteo di S. Lucia nella Cappella a Lei dedicata in Cattedrale.
Le Sante Messe si susseguono all’altare della Santa ed ogni sera ha luogo la benedizione e il bacio della Reliquia. Il 12 dicembre è giornata di
vigilia e già dalle prime ore del mattino in Cattedrale iniziano ad accorrere i devoti per assistere alla traslazione del Simulacro dalla Cappella
all’Altare Maggiore. Alle 11,45 il Campanellaio ed il Maestro di Cappella danno inizio alle operazioni necessarie fin quando l’esplodere dell’applauso
dei fedeli accoglie la Santa fuori dalla sua Cappella. Santa Lucia adesso è in mezzo al suo popolo e fra le grida di invocazione e gli applausi, pian
piano viene portata sull’Altare Maggiore della Cattedrale. Le celebrazioni proseguiranno con i Vespri della sera in attesa del grande giorno di festa.
È il 13 dicembre e molti devoti accorrono in Cattedrale per assistere al solenne Pontificale a cui, come è tradizione, ogni anno partecipa un alto prelato
invitato per l’occasione dall’Arcivescovo della Città. Nelle prime ore del pomeriggio, alle 15.30, ha inizio la solenne processione delle Reliquie e
del Simulacro argenteo che attraverseranno la città per giungere alla Basilica di Santa Lucia al Sepolcro. La lunga processione che dura molte ore è
un pellegrinaggio solenne e devoto, ricco di molti segni che rendono questa festa unica nel suo genere. Un gran concorso di popolo accompagna la Santa
Patrona per le vie della città al grido di Sarausana jè! (Siracusana è) moltissime sono le persone che recano ceri accesi e fanno il viaggio a piedi
scalzi in segno di ringraziamento o per implorare una grazia. L’uscita del Simulacro è senza dubbio uno dei momenti più forti della festa; da quel
momento S. Lucia è in mezzo alla sua città, ai suoi devoti che la acclamano a gran voce.
Il corteo attraverserà la Porta Marina, l’unica delle antiche porte della città rimaste integre e oltrepasserà il Ponte Umbertino per dirigersi quindi
alla Borgata ove arriverà in serata. Giunto in piazza S. Lucia, il suono a festa delle campane annuncia l’ingresso di S. Lucia nella sua chiesa e al
termine delle operazioni di sistemazione del Simulacro sull’Altare Maggiore della Basilica, avrà luogo la Santa Messa.
L’ottavario in Basilica è caratterizzato dalla folla continua dei fedeli che fanno visita alla Santa e prendono parte alle celebrazioni Eucaristiche
e dalle ininterrotte visite al Sepolcro della Martire, ove solitamente viene esposta una delle due Reliquie. Il 20 dicembre è il giorno del rientro
di S. Lucia in Cattedrale; un’altra lunga processione e un altro bagno di folla prenderà parte all’itinerario che questa volta è differente e nel
quale si hanno due visite molto importanti. La prima sosta presso la Basilica Santuario della Madonna delle Lacrime con un intenso momento di preghiera
e la seconda, poche centinaia di metri più avanti, presso l’Ospedale Generale Umberto I.
Due momenti di grande intensità spirituale, dove si vive veramente l’Amore per la Santa Patrona, rendendo omaggio alla Madonna delle Lacrime e visitando
gli ammalati. Caratteristica di questo secondo momento è l’ingresso del Simulacro per il viale che costeggia l’Ospedale e soprattutto la vista dei balconi
dei reparti assiepati di persone e ammalati che rivolgono la loro preghiera a S. Lucia. L’arrivo al Ponte Umbertino è uno dei momenti tanto attesi per i
siracusani perché è li che la città saluta festosamente con fuochi pirotecnici S. Lucia, prima che riprenda il suo percorso verso la Cattedrale.
Percorrendo ancora una volta le strade dell’antica Ortigia, S. Lucia fa il suo ingresso festoso in Cattedrale e dopo la preghiera finale le porte della
Cappella vengono lentamente chiuse, concludendosi così i festeggiamenti di dicembre.
La festa di Maggio
La seconda ma, non meno importante festa è quella del Patrocinio di S. Lucia, più comunemente chiamata S. Lucia delle Quaglie, a ricordo della speciale
protezione che la Santa offrì a Siracusa nel 1646, in occasione di una grave carestia. In memoria di quell’ evento miracoloso che vide improvvisamente
sbarcare al porto alcuni bastimenti carichi di grano, ogni anno nella prima domenica di maggio a mezzogiorno il Simulacro di S. Lucia viene portato fuori
dalla Cattedrale e condotto nella chiesa di S. Lucia alla Badia, sita sempre in piazza Duomo. Caratteristica di questa prima domenica di maggio è il lancio
di colombi viaggiatori che si effettua in onore di S. Lucia, dalla balconata del giardino Arcivescovile proprio a ricordo di quel miracoloso evento.
La seconda domenica di maggio è l’ultimo giorno di festa, che si conclude con la processione del Simulacro argenteo per le vie di Ortigia e il rientro in
Cattedrale; quella di Maggio è una festa più intima per gli abitanti di Ortigia che accolgono con balconi illuminati il passaggio di S. Lucia per le strette
strade del centro storico.