Nei momenti più tragici della storia di Siracusa S. Lucia ha sempre manifestato il suo costante patrocinio verso la sua terra e i suoi concittadini.
Uno dei tanti segni della sua intercessione presso il Signore è quello del prodigioso sudore del simulacro marmoreo che la raffigura morente,
collocato presso il suo sepolcro.
Siracusa sotto assedio
Era il mese di maggio 1735 e Siracusa, sotto giogo austriaco, era ormai da molti mesi stretta nell'assedio degli spagnoli. Le operazioni di guerra tra
le due opposte forze vedevano la stremata ed indifesa popolazione in preda alla disperazione. Scrive il Privitera che "non può descriversi il terrore,
le angosce e i palpiti mortali dei miseri Siracusani in questi giorni d'inferno. Alcuni andavano ad rintanarsi nei sotterranei... altri rifuggivano alle
chiese piangendo ed orando... La moltitudine poi a folla stava in mezzo alle strade tutto il giorno e tutta la notte: ed era un terrore, un raccapriccio,
il sentir levarsi mille voci di spavento ed invocare il nome della Santa Protettrice al comparir d'ogni striscia di fuoco per l'aria, all'udirsi il fragor delle bombe ...".
Un segno miracoloso
S. Lucia non poteva restare estranea a tanta sofferenza e rincuorò i siracusani con il segno del sudore di quell'immagine che la raffigura morente dopo la prova del martirio:
eloquente messaggio della sua solidarietà al martirio che stava subendo il suo popolo. Ma ecco la descrizione del fatto nella testimonianza rilasciata al Tribunale Diocesano
da uno dei Frati del Convento di S. Lucia:
"... ritrovandosi detto Padre di residenza nel sopra-detto Convento, giorno 6 del passato Maggio, scendendo col Vicario del suddetto Convento, in compagnia di tre ingegneri
Spagnuoli ed un Terziario del Terzo Ordine del P. San Francesco, nel Sepolcro di S. ta Lucia si accorse uno degli ingegnieri di certo splendore che spiccava dalla faccia dell'
immagine di marmo di detta Santa, e del medesimo lustro o splendore disusato se ne accorse pure il suscritto Predicatore unitamente col Padre Vicario ed attribuendolo per allora
ad effetto o dei cristalli posti d'innanzi la statua o di qualche umidità dell'aria si determinò o di scenderla da quel luogo o di coprirla o di discenderla da quel luogo e
metterla al sicuro altrove. Venuti poi il secondo giorno lì 7 del suddetto Mese i riferiti Ingegnieri col P. Nicolò Terziario mandati dal Maresciallo per custodire con qualche
difesa di legna e tavole la statua suddetta dal pericolo delle bombe e palle, si accorsero del medesimo splendore e per maggiormente accertarsi del vero, salì detto Padre col
P. Vicario, ed uno degli Ingegnieri, e levati colle proprie mani i due cristalli si accorse che la fronte della statua grondava in gran copia gocciole di sudore appunto come
ceci, a qual spettacolo si pose a piangere non potendo trattenere le lagrime, molto più quando osservò che tutto il resto del marmo era asciutto, attribuendolo tutti a uno
strano portento. Onde uno di quegli Ingegnieri togliendosi dal capo un fazzoletto cominciò ad asciugarla ed il suddetto Padre come che avea cura della sagrestia non trovandosi
addosso fazzoletto bianco prese una manica del camice, ed una tovaglia d'altare, e si pose unitamente col P. Vicario ad asciugarla, lasciandola totalmente asciutta.
E perchè l'ora era tarda non si potè mettere in esecuzione lo che pretendevano i Signori Ingegnieri, molto più che mancarono gli operai necessari a tal fatica. Onde si ricoprì
coi due cristalli con animo di ritornarvi l'indomani; come in effetto 11 terzo giorno dì 8 di Maggio ritornato l'Ingegniere in compagnia del P. Vicario e del detto Padre ed
un altro Ingegniere si accorsero tutti che la statua seguiva a grondare da per tutto un copioso sudore, e specialmente dalla faccia, la quale sembrava al Relatore come una
faccia d'Operaio, che trasuda qualor fatiga sotto i raggi del sole in tempo d'estate, e si djffondeva in tanta copia l'umore, che scorreva dalla fronte e faccia, che riempì
tutto il fondo delle piegature delle vesti, come pure si vedevano bagnate le mani ed anche i piedi, ed il resto, come si è detto, dei marmi fu osservato dagli ingegnieri e
dal relatore sempre asciutto.
Onde uno degli ingegnieri uscito un fazzoletto mondo e delicato, che forse aveva portato per tale effetto cominciò ad asciugare la faccia di detta Immagine, ed il fazzoletto
se lo portò via, lo che fece anche detto Padre e col P Vicario con quella manica di camice, quale si conserva in detto Convento con una tovaglia del medesimo Altare.
E coperta già la statua con doppia custodia di tavole e travi ben grossi, dopo lo spazio di 26 giorni circa, si tolse quella difesa di legna, e si trovò la statua asciutta,
ed asciutte le tovaglie, colle quali era involta, spargendosi, frattanto per tutto il Campo che la Statua di marmo di S. Lucia aveva più volte sudato, perchè vi fù un gran
concorso d'Ufficiali, Soldati e specialmente dell'Ecc.mo Sig.r Marchese di Grazia Reale. Perciò ha detto ed attestato quanto di sopra cum juramento fatto, pectore more sacerdotali”.
Finalmente la pace
L'assedio continuò per tutto il mese di maggio, rifiutandosi gli ufficiali austriaci di capitolare pur nella consapevolezza che la resa agli spagnoli era ormai inevitabile.
Sempre il Privitera, narrando del Generale Orsini Comandante della Piazza, dice:
“... quando una bomba caduta a caso nella sua stanza mentr'ei desinava, lo affrettò più prestamente a risolvere; giacchè preso dallo spavento, e dal timore che quella non
iscoppiasse, fe' caldissimo voto alla Santa Protettrice della Città, che se lo liberasse dal presente pericolo ei cederebbe la piazza incontanente. La bomba, senza esplodere,
nè recar danno alcuno, là restò inerte dove cadde".